domenica 17 giugno 2012

DELIRIO IMU : STOP ALLO SVILUPPO di Piergiorgio Corbia

La primavera del 2012 sarà ricordata come la più tragica per i contribuenti italiani. La certezza del diritto è diventata un optional. Dalla sera alla mattina, regolamenti, norme, disposizioni legislative vengono abrogate, cancellate e sostituite con altre per certi aspetti contraddittorie e inesplicabili. Il caso dell’IMU è emblematico.
Il pacchetto regalo per i proprietari di immobili, quelli noti, ovviamente, in quanto gli evasori sono sconosciuti, è stato confezionato per Natale, esattamente il 6 dicembre 2011 con il decreto n.201, che  aveva per oggetto “ disposizioni urgenti per la crescita, l’equità i  il consolidamento dei conti pubblici.
La necessità di fare cassa per raddrizzare il bilancio statale era indilazionabile e l’incubo di un dissesto simile a quello della Grecia non era un’eventualità remota. Secondo alcuni economisti nel titolo del provvedimento risultava fuori luogo quel “ provvedimenti per la crescita” poiché è convincimento  comune che un’accentuazione della manovra fiscale, deprime i consumi, genera disoccupazione, taglia i redditi delle aziende e riduce il gettito  fiscale, sia diretto che indiretto.
Il varo dell’IMU, una sorta di ICI sotto mentite spoglie, ma molto più pesante anche sulla “prima casa”‘ ha scatenato proteste, indignazione e feroci anatemi quando si è appreso che in Italia, sulla base di rilievi fotografici dell’intero territorio sarebbero presenti ben 2 milioni di immobili abusivi, non ancora censiti, quindi ignoti al fisco statale, regionale, provinciale e comunale. Migliaia di sindaci, assessori  e responsabili degli uffici  tecnici dovrebbero  essere iscritti nel registro degli indagati e chiamati a rispondere dei danni causati all’Erario. Se ne riparlerà  a breve o si dovranno attendere, come minimo i rituali 7 anni?
In questo clima di tensione e di contraddizioni plateali, i contribuenti, identificati, ossia i soliti noti, pur lividi di rabbia hanno sopportato disagi d’ogni sorta per pagare l’IMU. E non è stato facile.
Gli uffici del catasto sono stati presi d’assalto. Interminabili le code per accertare la rendita catastale del proprio immobile per poi effettuare il conteggio, sulla base di indicazioni molto simili ai rebus enigmistici.
Chi si è rivolto agli uffici comunali per ottenere chiarimenti e controlli sull’esattezza dei conteggi ha dovuto sopportare ore di attesa e in molti casi subire cocenti delusioni.
L’onere della compilazione del modello F24 è praticamente ricaduto sui CAF delle organizzazioni sindacali aziendali o delle associazioni di categoria. Un lavoro immane se si considera che, secondo stime prudenziali, in una ventina di giorni sarebbero stati compilati oltre 20 milioni di moduli.
L’inefficienza della burocrazia statale è apparsa un tutta la sua drammatica realtà, considerando che alcune disposizioni relative all’IMU sono state emanate con una ulteriore Legge il 27 aprile 2012. E non è finita. entro l’autunno saranno emanate ulteriori disposizioni per il pagamento della rata a saldo.
Siamo l’unico Paese al mondo dove il contribuente non può conoscere preventivamente l’ammontare complessivo del tributo dovuto. Per ora la certezza riguarda 2 rate, la terza a dicembre è ignota.
E’ veramente  clamoroso. Delusione e sconforto dilagano tra i cittadini che richiedono trasparenza, correttezza e certezza per il domani. La navigazione a vista, senza seguire una rotta precisa, preventivamente tracciata, ha come rischio il naufragio del Paese e delle istituzioni democratiche.
A chi dobbiamo appellarci? Un interrogativo senza risposta per l’abdicazione del ruolo della politica,ormai priva di credibilità.
Il disorientamento degli italiani, ridotti al rango di sudditi è sempre più diffuso. L’opinione pubblica è succube delle informazioni di regime, distorte e mistificanti. Un esempio è rappresentato dalle nuove  tassazioni sugli immobili, esentati dal Governo Berlusconi nel rispetto degli impegni assunti con il programma elettorale.
Ci è stato detto che l’IMU (ex ICI) non è altro che l’attuazione di una Legge  del marzo 2011, votata dalla maggioranza della gestione Berlusconi. E’ vero, ma l’applicazione veniva fissata per il 2014, nel quadro del varo definitivo dell’autonomia impositiva locale, prevista dal Federalismo. E’ da ricordare, inoltre, che l’IMU (Imposta Municipale unificata) prevedeva di  accorpare in un’unica tassa l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari  dei beni non locati e  l’imposta comunale sugli immobili (ICI) riguardanti le unità immobiliari a disposizione. Questo per la completezza dell’informazione.
Al momento della stampa di questo numero a sorpresa, dopo innumeri rinvii dal mese di dicembre dello scorso anno, la presentazione del progetto “Cresci Italia” che prevede un pacchetto di provvedimenti a favore dello sviluppo per 80 miliardi di euro. L’ingente importo non è per ora disponibile ma sarà reperito dalle economie sulla gestione dei Ministeri. Seguiremo l’iter per verificare e valutare come sarà finanziata la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto in Emilia, Lombardia e Veneto, nonché i provvedimenti  a sostegno dell’industria turistica, fondamentale per l’Italia, che rischia di porsi fuori mercato per l’inasprimento della pressione fiscale e l’introduzione di nuovi balzelli, penalizzanti il turista, come la tassa di soggiorno, la tassa marittima di sbarco e  quelle aeroportuali.

ARTE E CULTURA A TAVAZZANO-VILLAVESCO

Ritorna anche questo mese l’appuntamento artistico e culturale alla Casa delle Idee, suggestiva location che ospita mostre e conferenze a Tavazzano con Villavesco, vicino a Lodi.

Il 17 giugno alla Chiesetta del Viandante, completamente sistemata e rinnovata da CASAIDEA ci sarà l’inaugurazione della personale di Roberta Musi, artista molto apprezzata nel panorama artistico italiano ed internazionale. Ad arricchire l’evento, la presentazione del libro di Paola Metalli, “5- Io scrivo col Cielo”, un’opera introspettiva e vivida, frutto di anni di pensieri e riflessioni da parte della scrittrice, la quale parlerà ai partecipanti della sua esperienza nel fermare su carta pensieri ed emozioni che la maggior parte delle volte sembrano sfuggenti ed impossibili da esprimere.

All’interno della Casa delle Idee hanno già trovato spazio nel 2012 altri artisti come Mike Ciafaloni, Marina Kaminsky e Tony Dallara.

La personale di Roberta Musi si concluderà il 29 luglio ed includerà alcuni dei lavori più significativi dell’artista, riguardanti il tema equestre e il movimento. Dopo aver partecipato con un suo quadro alla 54° Biennale di Venezia presso il Padiglione Italia di Torino Esposizioni, la Musi è stata selezionata insieme ad altri importanti nomi dell’arte italiana per il concorso indetto da Roberto Formigoni al fine di ornare con l’opera “Il Crocifisso” la nuova sala del palazzo della Regione Lombardia. Inoltre ha presentato la sua nuova opera ad “Arte e Moda Italiana nel Mondo”, manifestazione che si è tenuta a Roma all’interno della Camera dei Deputati, dove tra gli altri sono intervenuti Santo Versace e il presidente della Camera Gianfranco Fini. E questi sono solo alcuni degli ultimi impegni che hanno visto protagonista Roberta Musi, la quale nei numerosi anni della sua carriera ha ottenuto vari riconoscimenti anche all’estero.

Non si tratta però solo di arte: ad ogni mostra è stata affiancata una conferenza, svolta da esperti del settore su vari temi di carattere sociologico, antropologico e culturale riferiti al nostro spazio quotidiano.

L’ingresso all’evento è gratuito e alla fine della presentazione, che avrà inizio alle 17, verrà offerto un buffet ai partecipanti.

Ilaria Ricotti




nella folto
Robnerta Musi “Corrida”

MPRESSIONI DI VIAGGIO DI UN WEEKEND AD ISTANBUL

IMPRESSIONI DI VIAGGIO DI UN WEEKEND AD ISTANBUL

Un Paese lanciato verso una rapida e crescente modernizzazione: questa è l’immagine che negli ultimi anni caratterizza la Turchia e che il viaggiatore diretto ad Istanbul percepisce sin dall’arrivo all’aeroporto. Chi sceglie di volare low cost su Istanbul, atterra nel modernissimo aeroporto di Sabiha Gokcen e può sperimentare l’efficienza dei servizi a terra ed i fornitissimi negozi duty free. Il tragitto verso la città, se effettuato con i mezzi pubblici, richiede l’utilizzo di un pullman e poi un passaggio in traghetto sul Bosforo, dall’imbarco di Kadikoy - sulla sponda asiatica - all’attracco di Eminonu, da cui è possibile prendere un tram veloce che attraversa il ponte di Galata e collega Sultanahmet, il cuore storico di Istanbul, con i quartieri più moderni di Beyoglu e i villaggi sul Bosforo.
A prima vista, la lunghezza di questo percorso e la necessità di cambiare più mezzi potrebbero indurre a scegliere il taxi, ma si commetterebbe un errore. Purtroppo, il vento di modernità che si respira a Istanbul non ha ancora investito i taxisti, che nella maggior parte dei casi non parlano altra lingua che il turco e tendono a gonfiare i costi delle corse, soprattutto nelle ore notturne. In qualche caso, può addirittura succedere che i conducenti dei taxi non conoscano dove si trovi la vostra destinazione e si rifiutino di accompagnarvi.
L’esperienza di muoversi in tram ad Istanbul consente, sin da subito, di entrare nello spirito della città, che appare ben lontano dal quell’atmosfera di triste malinconia che, a giudizio di illustri scrittori come Orhan Pamuk, era percepibile anche allo straniero che visitasse la città cinquanta o sessanta anni fa. Il disordinato accalcarsi delle persone alle fermate principali dei mezzi pubblici, i ragazzini letteralmente appesi all’esterno dei tram che percorrono la Istiklal Caddesi, l’arteria commerciale di Beyoglu, le signore cariche di acquisti alla fermata nei pressi del mercato delle spezie: questi frammenti di vita quotidiana comunicano felicità e desiderio di godersi il nuovo benessere. La stessa sensazione si ritrova nei pressi del ponte di Galata, dove - soprattutto nei giorni festivi - gruppi di amici e famiglie siedono nei numerosi ristoranti con vista sul Bosforo e sulla sponda asiatica, o semplicemente gustano un panino con il pesce abbrustolito su griglie fumanti, ai lati delle quali fanno bella mostra di sé peperoncini e verdure di vario tipo. L’aria di festa domina nel periodo primaverile gli spazi verdi della città, che non sono in verità molto estesi; in compenso, soprattutto nella zona dei monumenti di Sultanahmet - dove sono concentrati la Moschea Blu, l’ex chiesa di Haghia Sophia, l’ippodromo e il palazzo Topkapi – i parchi si colorano di tulipani che fioriscono rigogliosi ovunque, anche nelle aiuole spartitraffico, in occasione dell’annuale festival dedicato a questi fiori.
La visita ai tesori storici ed architettonici della zona di Sultanahmet richiede molto tempo, anche a causa delle lunghe code alle biglietterie. Senza nulla togliere all’importanza dei siti che si trovano in questa zona, il loro sfruttamento turistico è veramente imponente e fa riflettere chi viene da un Paese come l’Italia, che purtroppo non brilla per la capacità di valorizzare le proprie bellezze e di farne anche un’importante voce della propria economia. In questa parte di Istanbul si eccede forse sul versante opposto: i biglietti di ingresso sono piuttosto cari e la vendita di souvenir, sia nei canali ufficiali che in quelli scopertamente abusivi, è davvero capillare e a tratti eccessiva.
Lasciando la zona più turistica di Istanbul e addentrandosi nei quartieri occidentali, si viene a contatto con una realtà in parte differente da quella sin qui descritta. La presenza della religione islamica - che risuona, letteralmente, anche nelle altre parti della città attraverso gli inviti alla preghiera che si alzano dalle moltissime moschee - si fa maggiormente evidente nei comportamenti e nell’abbigliamento delle persone. E’ tutt’altro che infrequente, ed anzi è molto diffuso tra le donne, l’uso del velo e di altri vestiti che coprono quasi interamente il corpo e il volto; può anche capitare, com’è accaduto a chi scrive, che per essere serviti da un negoziante in un piccolo esercizio commerciale si debba attendere che egli si rialzi, dopo essersi inginocchiato qualche minuto in direzione della Mecca per pregare.
Anche nelle zone più tradizionaliste della città lo sguardo dei giovani appare comunque rivolto al mondo occidentale. In un ristorante ai piedi del maestoso acquedotto di Valente, il giovane gestore -  alla mia richiesta di una birra - risponde, con aria seriosa, che ci troviamo di fronte alla moschea e che perciò sarebbe sconveniente servire alcolici nel suo ristorante. Al termine della cena, dopo essersi seduto al mio tavolo, mi dice con orgoglio che sta studiando inglese e mi chiede se lo aiuto a completare le frasi in inglese dei suoi esercizi.
Il viaggiatore europeo che non desideri abbandonare neppure per un giorno le proprie abitudini, deve trascorrere il suo tempo nella zona di Beyoglu, la parte più moderna della città, nella quale si respira quella voglia di modernità occidentale che permea la città. Sarebbe sbagliato considerare questa parte della città la meno originale, in quanto più globalizzata e più lontana dall’immagine misteriosa e malinconica che spesso il viaggiatore europeo ha di Istanbul. Se indubitabilmente la vita notturna di questo quartiere si svolge in locali e secondo stili non molto diversi da quelli di una metropoli europea, c’è sempre qualcosa che, fortunatamente, “stona” rispetto a questa cornice. Così, capita che all’ombra di un negozio di una grande catena di abbigliamento, lungo la Istiklal Caddesi, o in una delle stradine laterali, ci si imbatta in capannelli di persone che gustano cozze crude servite da un venditore ambulante; oppure, salendo per uno di questi vicoli, ci si può trovare in un luogo in cui il tempo si è fermato, come al Galatasary Hammam; o, ancora, si possono scoprire in uno dei negozietti di Cukurcuma oggetti di modernariato per noi ormai introvabili. Francesco Semeraro

Non averer paura conoscersi per curarsi


1. Ho tradotto
n parole la mia interiorità.

Ho iniziato a scrivere, con  quei drenaggi che purificavano il mio sangue, traducendo in parole l’interiorità  che voleva essere  svelata perché il cambiamento derivato dal cancro mi ha obbligato, sin dai primi giorni, ad una maggiore trasparenza. E sono nate tutte quelle riflessioni che via via ho pubblicato poi in testi diversi e che riportavano quella nuova luce che andavo a scoprire. Da alcune lettere che costituiscono il mio primo libro - Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso -  ho ripercorso il mio vissuto e quello delle persone a me care. Attraverso quelle lettere ho sanato le affettività malate riportando alla luce tutti i nodi irrisolti, quelli che hanno avuto origine sin dall’infanzia, e che nel loro spessore hanno contribuito a delineare una persona meno autentica, quel tanto socievole ed accomodante da non scompaginare vecchie abitudini, legami inossidabili.

Questi undici anni mi sono serviti per riflettere sul cancro come una  forma mentis e mi sono stati necessari  per raccogliere dati, studi, testimonianze a cui mi offro come volontaria, esperienze di terapie di gruppo vissute anche in prima persona per affermare, oggi, che ci si può difendere dal cancro.

Raccolgo quotidianamente dati incontrovertibili che mi obbligano da un pensiero più ampio. Dati acquisiti da esperienze di uomini e donne con cui parlo, da testi scientifici scritti da medici e non solo, ricavati soprattutto da quel grande contenitore emotivo delle donne  perché sono quelle  che sanno bilanciare, se lo desiderano, maggiormente l’impatto emotivo derivato da qualsiasi esperienza traumatica o legata alla malattia. Le donne sanno rischiare più facilmente sulla propria pelle e più facilmente hanno la capacità di mettersi in gioco. E siamo ancora noi le più facilitate per natura ad esternare l’aspetto sentimentale della vita, che trovo essere l’elemento propulsore che può alleggerire una vita o castigarla per sempre.
La malattia credo  voglia sfondare quel muro dell’emotività come segno tangibile di verità che non va manomessa. Dobbiamo essere tutti noi consapevoli che il cancro  può suggerirci altro. La malattia ci chiede di andare ben oltre il medicamento o la cura della parte malata. Se dobbiamo parlare di cura reale dobbiamo anche investire maggiormente in forze nuove, dobbiamo cercare altre strade su cui battere la nostra conoscenza. Poiché il corpo, spesso,  parla di una parte malata ben più cronicizzata, una parte della nostra interiorità su cui noi dobbiamo imparare ad affacciarci. Il tumore può aiutare verso una conoscenza più profonda e meno superficiale. La mia esperienza, durante questo cammino e corollario di dati, è stata ed è  la mia forza; la conoscenza  e l’approfondimento scientifico sono la mia verifica.

2 La strada della conoscenza

La prima domanda che dobbiamo porci è questa: ci sono strumenti validi, oltre la medicina intesa come scienza, a cui possiamo attingere  per combattere il cancro? Quanti di noi ci credono veramente?
Gli strumenti sono sicuramente molti e svariati. Ognuno pertinente ad ogni singolo uomo,  come  del resto la malattia ha caratteristiche uniche ed individuali. E come oggi si tende alla personalizzazione della terapia in un percorso finalizzato alla cura biologica, ugualmente la ricerca per essere più efficace deve tendere alle risorse individuali legate all’interiorità, al mondo delle sensibilità di ognuno di noi. Dobbiamo focalizzare quali possono essere in ognuno di noi le espressioni spirituali  che ci caratterizzano come individui nella ricerca di una propria autenticità, che ha bisogno di esprimersi nella sua forma libera attraverso quegli strumenti che andiamo a ricercare in un percorso di cura totale.
Solo imparando a conoscerci attraverso una lettura interiore, consapevole e anche faticosa, riusciamo a dotarci di quegli strumenti e di quelle competenze nuove che nel tempo aumenteranno la nostra fiducia, le nostre capacità. Sono ampie le possibilità che possiamo incontrare se noi non tendiamo sempre ad inibire ciò che appartiene alla sfera della creatività, dell’immaginario, in un processo che spesso scegliamo di negazione e non di assoluzione.
Per la catarsi dobbiamo necessariamente assolverci. Dobbiamo assolverci, o più facilmente perdonarci, per contribuire, in tal modo, anche al risanamento delle nostre cellule. E per farlo siamo obbligati a darci il tempo della riflessione, del silenzio, della fatica. Credo che qualsiasi risanamento interiore così come qualsiasi relazione affettiva, goda maggiormente del beneficio della salute psico-fisica se contribuiamo in prima persona a quel benessere la cui prevenzione è data anche da un’educazione alla fatica.
E’ fuorviante pensare che le relazioni come la salute possano essere semplici e autodefinite nella loro espressione autentica senza essere mediate dalla consapevolezza di una costruzione anche faticosa della conoscenza reciproca e personale. Credo, anzi, che l’impegno e la fatica di una conoscenza, che non sarà mai totalizzante, possano notevolmente contribuire alla costruzione di un rapporto fecondo e appagante. La fatica nella costruzione di un dialogo e la fatica di una lunga introspezione possono svelare nel tempo le loro grandi appartenenze, le loro grandi opportunità. E così il processo verso la conoscenza del cancro prevede questa strada faticosa ma anche fortemente terapeutica per chi si aiuta ad intraprendere questo viaggio nuovo verso l’approfondimento della propria interiorità. Dobbiamo costruire molto su questa strada ed attivarci perché qualsiasi risorsa possiamo reperire è un atto in più di fiducia che costruiamo verso la malattia.


. La Scrittura come forza terapeutica

La scrittura è stata lo strumento a me più congeniale, la mia risorsa,  quella che mi ha obbligata a guardarmi dentro, permettendomi di andare oltre, di trascendere  lo spazio della consuetudine. Quella di voler vivere diversamente era la vera battaglia che avevo da combattere…

Come afferma il teologo Paul Tillich,

per essere guarito, lo spirito deve lasciarsi cogliere da qualcosa che lo trascende, che non gli è estraneo, ma entro cui si realizzano le sue potenzialità ( cit.in Hirshberg e Barash, 1996, pp. 190-191)

Per vissuto personale, prima del cancro,  ho attraversato un periodo di grosso stress psicologico. Non avevo tregua e percepivo quanto stavo danneggiando la salute del mio corpo perché le tensioni erano troppo alte. Non dormivo più di notte e i sentimenti negativi come la rabbia ed il rancore prendevano sopravvento. Stavo massificando il mio dolore. Solo sei mesi sono stati sufficienti per l’esito infelice. Avvertivo che davo messaggi sbagliati al mio corpo, che il dolore interiore spazzava via qualsiasi buona possibilità. Le passioni mancavano, i sogni svanivano, la vita era sempre uguale senza variazioni. Una depressione acuta toglieva qualsiasi possibilità di sperare nel futuro perché tutto era fermo a quel problema, a quella difficoltà che aumentava il suo peso senza permettermi di uscire dal tunnel. Il cancro prima, la scrittura come terapia subito dopo l’intervento che mi ha fermata in riflessioni continue su quel cancro per leggere la sua vera natura, mi hanno facilitato il cammino della trasparenza.
L’attività della scrittura introspettiva costringe la persona ad incontrarsi con il rimosso, con i nodi irrisolti della sua vita. Credo, per averlo vissuto, che la scrittura, se abbiamo il coraggio di avventurarci nel viaggio imprevedibile dell’interiorità, possa aiutare a elaborare anche il dolore più acuto.

David Grossman ha scritto un libro intenso che fa riferimento al sostegno della scrittura, al potere conoscitivo che da essa ne deriva. In  Con gli occhi del nemico. Raccontare la pace in un paese in guerra egli fa riferimento al forte legame che si instaura fra scrittura e psiche.

Io scrivo. Il mondo non mi si chiude addosso, non diventa più angusto. Mi si apre davanti, verso un futuro, verso altre possibilità. Io immagino. L’atto stesso di immaginare mi ridà vita. Non sono più pietrificato, paralizzato dinanzi alla follia…Io scrivo. E mi rendo conto di come con un uso appropriato e preciso delle parole sia talvolta una sorta di medicina che cura una malattia. Uno strumento per purificare l’aria che respiro…Quando scrivo riesco ad essere un uomo nel senso pieno del termine, un uomo che si sposta con naturalezza tra le varie parti di cui è composto; che ha momenti in cui si sente vicino alla sofferenza e alle ragioni dei suoi nemici senza rinunciare minimamente alla propria identità  ( Grossmann, 2008, pp. 41 -42)

A questo tema della “ scrittura terapeutica” mi sento legata per esperienza diretta e attraverso essa cercherò sempre di riprendere quel filo rosso della conoscenza. La scrittura intesa come elemento di separazione da tutto e da tutti. Scrivevo nella mia testimonianza  pubblicata nel 2005:

La malattia mi ha segnato profondamente, ma anche creato in me nuove energie, fecondità che non avrei mai creduto di poter esprimere…Ho sentito il bisogno di scrivere, tracciando un percorso introspettivo, faticoso e duro, ma di grande potere rigenerativo per la mia mente e la mia persona. E’ nata così la mia autobiografia…Ho iniziato a guardarmi allo specchio senza scappare e con occhi nuovi . ( Scarpante, 2005, pp. 6-7)

E non diversamente avevo annotato  in un altro scritto:

Mi sto aiutando. Con in mano questa penna e davanti ad un foglio bianco, voglio tentare di ritrovarmi ancora. Ho già scritto tante riflessioni, un manoscritto che spero di pubblicare a breve, è nato dopo la malattia, soffermandomi poco, però, su quella che consideravo una tragedia, ma che si è rivelata un’esperienza ricca e che mi ha salvata.
Il mio incontro con il tumore alla mammella è stato dirompente, come penso per tutte noi donne. Tutto è iniziato quattro anni fa, nell’estate del 1998. Da poco venivo via da un periodo difficile e sofferto. La tipica crisi matrimoniale mi ha messo a dura prova e non ho avuto forze necessarie per contrastarla. Le mie autodifese si sono sterilizzate e ho immagazzinato eccessivo dolore per poter uscire indenne da una situazione che psicologicamente non mi dava tregua…Solo oggi riesco a descrivere quei giorni di sofferenza, perché voglio aiutarmi nel ricordo del mio vissuto, voglio aiutarmi per superare quel dolore. Credo che il male si possa attenuare solo parlandone, cercando di esternare quelle emozioni forti che si sono attaccate addosso e da cui ci possiamo salvare, se lo vogliamo in un cammino di speranza.
( Scarpante, 2005, pp.3-5)

“L’attività della scrittura costringe la persona ad incontrarsi con il rimosso, i nodi irrisolti della sua vita”scrive ancora Duccio Demetrio nei suoi testi, con parole che  rimbalzano verso la mia anima perché ho assaggiato quelle spinte interiori che, se affrontate, liberano la mente ed il corpo da un peso che, a distanza di tempo, poteva permutarsi in sovraccarico ulceroso.
Ho incontrato il mio rimosso stando molto male e ho avuto la capacità di attraversare quel dolore per evolverlo verso la conoscenza, la libera espressione della mia autenticità. La nostra autenticità è un valore immenso a cui noi tutti dobbiamo sentirci indirizzati esprimendola nelle sue peculiarità e fecondità. Seguire questa direzione ci libera e ci disorienta al tempo stesso, ma ci costruisce immensamente insegnandoci a vivere la nostra vita nel pieno della sua espressione.

Di tutti questi temi me ne occupo nel  testo pubblicato due anni fa con la Casa Editrice San Paolo e il cui titolo è: “ Non avere paura. Conoscersi per Curarsi.”E anche con il nuovo libro pubblicato quest’anno dal titolo: “ Storia di Maura”Ed San Paolo
Una rete sta prendendo sempre più forza e le testimonianze sono quell’ elemento fondante che accresce il tessuto della conoscenza e a cui noi dobbiamo fare riferimento per ritemprare le nostre forze.
Come Counsellor Trainer mi occupo di corsi di scrittura terapeutica attraverso enti diversi a Milano e nella nostra associazione “ La Cura di sé” di cui sono presidente.

Marinella Sonia Scarpante
Scrittrice: si occupa di corsi di scrittura terapeutica.