venerdì 27 aprile 2012

da lettere a un amico "L'OBAMA BIANCO"


Le mie  “puttanate”  raramente occupano una pagina a/4 intera , questa volta presumo di sforare lo spazio che mi sono fino ad ora assegnato perché il soggetto di cui ti riferisco lo merita. Si nasce con tante ambizioni, con tante speranze di farcela  e ti sbatti per tutta la vita al meglio e quando arrivi  ti trovi compreso nella mediocrità. Una fascia intermedia fra i diseredati e i pochissimi eletti. Così è stato per me, non accampo scuse. La fascia della mediocrità intendiamoci arriva fino a Casini e anche oltre, il limite al basso inizia con   Tonino di Pietro e scende  fino agli “infelici”. Non è un risultato appetibile, nessun è perfetto, comunque, se hai dei figli speri  nel loro “riscatto” per andartene in pace.

Devo ammettere senza incolparli anche loro hanno fino ad ora preso posto nella fascia intermedia e le possibilità di salire agli altari sono poche direi nulle. Rassegnato? Certo ma eccoti l’imprevisto. Qualcosa che non ti aspettavi che di fa intravedere la luce. Un bagliore improvviso che di riempie il cuore e stimola la mente facendoti intravedere   un futuro appagante. L’eletto è il nipote ma come fai a mitizzare uno che ti ha pisciato a dosso, uno al quale hai insegnato a disegnare le aste, uno  al quale non è entrata in testa la differenza che c’è fra un freno, l’ acceleratore e la frizione? Sembra impossibile...eppure  grazie a me ha imparato  a tagliare il prezzemolo senza lasciarci le dita, a spezzettare le cipolle senza piangere  a ritrovare da solo la strada  di casa  mentre prima viaggiava come un pacco postale sulla bici. Tutto questo sono le basi  per aspirare a diventare l’Obama bianco? Assolutamente non  ma…eccolo il miracolo: un posto  alla Columbia University  e li pronto a fargli intraprendere la grande  scalata, gradino dopo gradino  sempre ché  non si faccia  incastrare da qualche sculettante  tentatrice  che gli cammina davanti.
La (movida) per i suoi 25 anni e la partenza per “La grande mela” è avvenuta nella Diocesi ambrosiana  in piena Chinatawn. Al sesto piano di un appartamento occupato a suo tempo da Dino Buzzati, muri pregni di cultura e successo. Una (movida) per pochi intimi. Intorno alla tavola  c’erano , il padre, la madre,  “il grande amore ” firmato Henriette  io (il nonno)  e lui il “migrante”.
Tovaglia nuova fiammante, bianca ricamata di giallo ocra, cristalleria passata al brillantante, argenterie risplendente e stuzzichini in armonia secondo l’adagio, mangiar poco per stare bene. Una “magnum invecchiata troppo come me  e   tre cani;   uno color merendina tipo Lilli Gruber, l’altro  da tempo ceco,  brizzolato alla Massimo D’Alema  il terzo   bianco nero alla Luca Palmara . Giravano in tondo al tavolo  implorando “c’è nulla per me?”.  Qualcuno ha cercato inutilmente di rifilargli “prelibatezza” cinese (uova d’annata)vendute a caro prezzo   in via Paolo Sarpi   risalenti alla caduta del muro di Berlino, bianche all’esterno  nero pece e verde marcio all’intero,  raccappriccianati  Non era giornata e se ne sono andati digiuni.
Il migrante, va detto è un essere del tutto anormale senza colpe. I suoi strettissimi parenti sono: svedesi, napoletani, spagnoli, americani, slavi, dalmati, parmensi , russi e piemontesi . Se mettete i loro DNA in cocktail shaker e frullate   energicamente per qualche secondo  ne verrà fuori  il cervello per una “testa d’uovo” speciale, la sua.
Nel secolo scorso analfabeti, affamati, diseredati, senza lavoro ne prospettive si imbarcavano su  navi alla ricerca di fortuna approdando in America  senza sapere  dove fosse, del quale non conoscevano la lingua e nei porti d’attracco venivano tenuti in quarantena, spulciati , spidocchiati  liberati dalle zecche immunizzati  dalle malattie infettive prima di essere fatti entrare negli  States. Oggi   arrivano in buissines class,  e attenderli  in aeroporto c’è una Limousine  lunga “tre Panda” guidata da un negro.  Senza soste intermedie lo portano direttamente nel cuore della City dove conta solo  Wall  Street.  Una Quinta Avenue da percorrere subito, per mettere le cose in chiaro, sono arrivato io,  la sfilata con i coriandoli seguirà dopo. 
Lo stesso giorno del suo compleanno, è arrivata  a Brian, il migrante,   la telefonata    dalla  Columbia University.  ” Buon compleanno auguri, sei uno di noi ti aspettiamo”.. Raramente, a un italiano se gli chiedi il giorno dopo cosa ha mangiato la sera  se lo è dimenticato anche se  in cucina c’ero io. . Così è stato…per lui un blackout  alla newyorchese. Ha perso la testa! Il punto esclamativo ci vuole.
NB: la (movida) molto soft mi aveva fatto dimenticare di fargli i complimenti  così il giorno dopo gli ho telefonato “sono orgoglioso di te”.  Poi ci ho ripensato  (l’orgoglio  implica un coinvolgimento e io francamente per lui ho fatto ben poco) così l’ho richiamato “ “Niente spinte sono felice perché il merito e tutto tuo” anche se sotto sotto mi son detto “il buon sangue…altroché se  conta, non mente...è il mio!”

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