Le mie “puttanate” raramente occupano una pagina a/4 intera , questa volta presumo di sforare lo spazio che mi sono fino ad ora assegnato perché il soggetto di cui ti riferisco lo merita. Si nasce con tante ambizioni, con tante speranze di farcela e ti sbatti per tutta la vita al meglio e quando arrivi ti trovi compreso nella mediocrità. Una fascia intermedia fra i diseredati e i pochissimi eletti. Così è stato per me, non accampo scuse. La fascia della mediocrità intendiamoci arriva fino a Casini e anche oltre, il limite al basso inizia con Tonino di Pietro e scende fino agli “infelici”. Non è un risultato appetibile, nessun è perfetto, comunque, se hai dei figli speri nel loro “riscatto” per andartene in pace.
Devo ammettere senza incolparli anche loro hanno fino ad ora preso posto nella fascia intermedia e le possibilità di salire agli altari sono poche direi nulle. Rassegnato? Certo ma eccoti l’imprevisto. Qualcosa che non ti aspettavi che di fa intravedere la luce. Un bagliore improvviso che di riempie il cuore e stimola la mente facendoti intravedere un futuro appagante. L’eletto è il nipote ma come fai a mitizzare uno che ti ha pisciato a dosso, uno al quale hai insegnato a disegnare le aste, uno al quale non è entrata in testa la differenza che c’è fra un freno, l’ acceleratore e la frizione? Sembra impossibile...eppure grazie a me ha imparato a tagliare il prezzemolo senza lasciarci le dita, a spezzettare le cipolle senza piangere a ritrovare da solo la strada di casa mentre prima viaggiava come un pacco postale sulla bici. Tutto questo sono le basi per aspirare a diventare l’Obama bianco? Assolutamente non ma…eccolo il miracolo: un posto alla Columbia University e li pronto a fargli intraprendere la grande scalata, gradino dopo gradino sempre ché non si faccia incastrare da qualche sculettante tentatrice che gli cammina davanti.
La (movida) per i suoi 25 anni e la partenza per “La grande mela” è avvenuta nella Diocesi ambrosiana in piena Chinatawn. Al sesto piano di un appartamento occupato a suo tempo da Dino Buzzati, muri pregni di cultura e successo. Una (movida) per pochi intimi. Intorno alla tavola c’erano , il padre, la madre, “il grande amore ” firmato Henriette io (il nonno) e lui il “migrante”.
Tovaglia nuova fiammante, bianca ricamata di giallo ocra, cristalleria passata al brillantante, argenterie risplendente e stuzzichini in armonia secondo l’adagio, mangiar poco per stare bene. Una “magnum invecchiata troppo come me e tre cani; uno color merendina tipo Lilli Gruber, l’altro da tempo ceco, brizzolato alla Massimo D’Alema il terzo bianco nero alla Luca Palmara . Giravano in tondo al tavolo implorando “c’è nulla per me?”. Qualcuno ha cercato inutilmente di rifilargli “prelibatezza” cinese (uova d’annata)vendute a caro prezzo in via Paolo Sarpi risalenti alla caduta del muro di Berlino, bianche all’esterno nero pece e verde marcio all’intero, raccappriccianati Non era giornata e se ne sono andati digiuni.
Il migrante, va detto è un essere del tutto anormale senza colpe. I suoi strettissimi parenti sono: svedesi, napoletani, spagnoli, americani, slavi, dalmati, parmensi , russi e piemontesi . Se mettete i loro DNA in cocktail shaker e frullate energicamente per qualche secondo ne verrà fuori il cervello per una “testa d’uovo” speciale, la sua.
Nel secolo scorso analfabeti, affamati, diseredati, senza lavoro ne prospettive si imbarcavano su navi alla ricerca di fortuna approdando in America senza sapere dove fosse, del quale non conoscevano la lingua e nei porti d’attracco venivano tenuti in quarantena, spulciati , spidocchiati liberati dalle zecche immunizzati dalle malattie infettive prima di essere fatti entrare negli States. Oggi arrivano in buissines class, e attenderli in aeroporto c’è una Limousine lunga “tre Panda” guidata da un negro. Senza soste intermedie lo portano direttamente nel cuore della City dove conta solo Wall Street. Una Quinta Avenue da percorrere subito, per mettere le cose in chiaro, sono arrivato io, la sfilata con i coriandoli seguirà dopo.
Lo stesso giorno del suo compleanno, è arrivata a Brian, il migrante, la telefonata dalla Columbia University. ” Buon compleanno auguri, sei uno di noi ti aspettiamo”.. Raramente, a un italiano se gli chiedi il giorno dopo cosa ha mangiato la sera se lo è dimenticato anche se in cucina c’ero io. . Così è stato…per lui un blackout alla newyorchese. Ha perso la testa! Il punto esclamativo ci vuole.
NB: la (movida) molto soft mi aveva fatto dimenticare di fargli i complimenti così il giorno dopo gli ho telefonato “sono orgoglioso di te”. Poi ci ho ripensato (l’orgoglio implica un coinvolgimento e io francamente per lui ho fatto ben poco) così l’ho richiamato “ “Niente spinte sono felice perché il merito e tutto tuo” anche se sotto sotto mi son detto “il buon sangue…altroché se conta, non mente...è il mio!”
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